7 Dicembre 2011
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Il Sud e l’emergenza giovani senza lavoro

Una fotografia aggiornata sullo stato delle regioni del mezzogiorno sulla base dell’Ultimo rapporto dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (Svimez) A centocinquanta anni dall’unificazione dell’Italia, la principale incompiutezza riamane il persistente divario fra Nord e Sud. Il mezzogiorno rimane un serbatoio ricchissimo per il Paese ma nonostante ciò continua a crescere meno del Centro-Nord. Al sud lavora ufficialmente meno di un giovane su tre con un tasso di disoccupazione reale del 25%, e quelli che possono se ne vanno: dal 2000 al 2009 in 600mila hanno lasciato la loro regione in direzione del Centro-Nord.
 
La Puglia è una regione che non cresce (il Pil nel 2010 segna -0,2% rispetto all’anno precedente), dove il tasso di disoccupazione aumenta (toccando il 13,5 % nel 2010, che sale al 24,2% se si includono anche i “disoccupati impliciti”, cioè coloro che un’occupazione hanno ormai smesso di cercarla), in cui a fare le spese della crisi sono soprattutto i giovani (il tasso di occupazione tra i 15-34 anni non raggiunge il 36%). Il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) al Sud nel 2010 è stato del 31,7% (35,9% in Puglia), spingendo molti giovani a spostarsi nelle Regioni del Centro-Nord alla ricerca di un lavoro. Nel 2009 sono partite dalla Puglia circa 19.600 persone, dirette soprattutto in Lombardia e in Emilia Romagna. E per quanto riguarda i flussi migratori in uscita, è proprio la provincia di Bari a detenere il primato regionale: in dieci anni (dal 2000 al 2009) circa 15mila persone hanno infatti scelto di emigrare, principalmente a causa della mancanza di un’occupazione.
 
Questo il quadro fornito dal rapporto SVIMEZ 2011 sull’economia del Mezzogiorno, che fotografa una Puglia in crisi come tutte le altre regioni del Sud, ma che figura anche tra le regioni meridionali più povere, con un Pil pro capite di 16.932 Euro nel 2010, seguita soltanto da Calabria e Campania. È preoccupante la situazione del mercato del lavoro e del calo occupazionale, che colpisce soprattutto i giovani e che rischia di produrre, nella nostra Regione come in tutto il Mezzogiorno, un vero e proprio “tsunami demografico”, come ha spiegato, durante la presentazione del rapporto, il vicedirettore dello Svimez, Luca Bianchi. Ad andarsene, secondo i dati emersi dal Rapporto, sono i giovani più dinamici e qualificati in cerca di migliori opportunità di formazione e professionali. Un fenomeno che allo stesso tempo è causa e conseguenza dell’impoverimento economico e culturale del Sud del Paese. Così da un area giovane e ricca di menti e di braccia il Mezzogiorno si trasformerà nel corso del prossimo quarantennio in un’area spopolata, anziana, ed economicamente sempre più dipendente dal resto del Paese.
 
“Uno tsunami demografico al Sud? Non è uno scenario bello, ma prendiamo queste previsioni con le molle perché non è detto che alcune dinamiche non possano cambiare nel corso degli anni”. Così il sociologo gesuita napoletano, padre Domenico Pizzuti[1], commenta il dato emerso dal Rapporto Svimez. Rispetto ai motivi che fanno emigrare tanti giovani, la mancanza di lavoro e la stagnazione, per il sociologo “di certo non possiamo aspettarci soluzioni dall’alto. Quando parliamo del Mezzogiorno, che deve ritrovare le strade della crescita, dobbiamo chiederci quali possono essere i protagonisti di questa rinascita.” Una nuova classe dirigente e tanta formazione. Secondo il religioso, dunque, “è necessario rinnovare la classe dirigente”. “Una nuova classe dirigente qui al Sud – prosegue padre Pizzuti –, che non si preoccupi delle sue piccole convenienze, dei suoi privilegi, che non aspiri al denaro pubblico”. In una parola “occorre una nuova classe dirigente a cui stia a cuore il bene comune. Bene comune che deve essere lo stimolo, il pungolo che guida il modo di operare”. “Una strategia ulteriore per trattenere i giovani al Sud è puntare sulla formazione a tutti i livelli, quindi non solo umanistica e professionale.
 
Occorre formare ai valori, all’impresa, alla creatività. E per favorire la formazione si devono promuovere esperienze come quelle dell’oratorio, degli scout, del Progetto Policoro”. Anche se la situazione è difficile, come dimostra la fotografia offerta dal Rapporto Svimez, conclude il religioso, “non bisogna perdere la speranza e la volontà di far crescere insieme il Paese. Dovremmo riprendere in mano l’ultimo documento dei vescovi italiani sul Sud, ‘Per un Paese solidale. Chiesa Italiana e Mezzogiorno’, perché può aiutare a capire la strada che dobbiamo seguire. Il Paese, come ci hanno detto i nostri vescovi, non può crescere se non insieme e questo non lo dobbiamo mai dimenticare”.