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Non vi scoraggiate!

Il week end di formazione regionale del 2 e 3 luglio scorso, svolto presso il Seminario Vescovile di Nola, ha colpito dritto al cuore gli adc della Campania. A lasciare il segno è stata la testimonianza saggia, acuta, profonda e a tratti ironica di don Aniello Tortora, vicario episcopale per l’ambito Giustizia e Carità della diocesi di Nola, primo coordinatore regionale del Progetto Policoro in Campania e amico di don Mario Operti.

L’incontro si è aperto con una domanda di don Aniello agli adc: “Ma quanti siete?”. Così in un giro di presentazione ha voluto conoscere i nomi degli animatori di comunità e delle diocesi di provenienza. Il giro è stato lungo e lo sguardo di don Aniello era fiero, come di chi ha davanti a sé i frutti di un duro lavoro iniziato tempo fa e poi affidato ad altri, per farlo crescere ancora. “Vi ho chiesto quanti siete, perché all’inizio eravamo 7 o 8, poi un po’ alla volta sono entrate tutte le diocesi”. Per la Campania, a sancire l’inizio del Progetto Policoro è stato un tour di don Aniello e don Mario in tutte le diocesi, affinché i vescovi capissero e conoscessero l’importanza del progetto. Un tour per farsi ascoltare, per far comprendere ai vescovi quanto il problema della mancanza di lavoro per i giovani dovesse diventare centrale e come il progetto potesse essere concreto aiuto alle diocesi. “Don Mario, noi, per portare il Progetto Policoro in Campania, dobbiamo fare il giro di tutti i vescovi. È venuto e l’ho ospitato nella casa canonica di Pomigliano per tre giorni. Abbiamo veramente visitato tutti i vescovi, presentando il Progetto Policoro e si sono aggiunti.” Quanta determinazione e impegno racchiude questo tour! Per gli adc campani la testimonianza di don Aniello ha rappresentato un esempio di coraggio e testardaggine di chi ha creduto nel Progetto perché convinto della validità dei tre capisaldi del Progetto Policoro: l’evangelizzazione (affidata alla pastorale giovanile), i rapporti di reciprocità e i gesti concreti.

 “Voi mi chiedete chi era don Mario… Era un prete, oggi vanno gli slogan “prete di strada” “prete anti mafia”… Don Mario era un prete, punto. Amava il sud più di noi che lo abitiamo. Era discreto, colto, preparato e quando parlava, ti accorgevi che in quello che diceva e faceva ci credeva. Se lo dovessimo definire, diremmo che è stato un profeta.” L’intuizione era far lavorare insieme le tre pastorali, ed è stata un’idea lungimirante, poiché oggi la chiamiamo pastorale integrale/integrata, una grande sfida per la Chiesa. Don Aniello ha definito la pastorale integrale una sfida, perché necessita di un cambio di mentalità, non solo dei preti ma anche dei laici. Questa riflessione don Aniello l’ha motivata agli animatori di comunità con una frase di don Mario: “Dobbiamo smetterla di mettere la bandierina: l’ho fatta io ‘sta cosa”, sottolineando l’importanza della condivisione e della reciprocità. Don Mario è stato un vero profeta nella Chiesa, perché “ha aperto la chiesa italiana alle problematiche sociali e del lavoro, cosa che dobbiamo fare ancora di più”, così don Aniello ha incoraggiato i giovani del Progetto Policoro a continuare il percorso.

Nel raccontare la sua esperienza, don Aniello ha sottolineato più volte che non è stato semplice, che non sono mancate né le discussioni né le battaglie su più fronti. Ascoltare il realismo e il pragmatismo di don Aniello, sabato sera ha fatto sentire ancor più vicina la figura di don Mario, ma a fare la differenza è stato il modo diretto con cui ha parlato delle problematicità che si vivono nel Progetto, dal lavorare in équipe all’incontrare i giovani. Don Aniello, parlando delle difficoltà, che da sempre caratterizzano la quotidianità del progetto, non ha mancato di fare le raccomandazioni agli adc campani:  “Conservate la vostra personalità, il vostro modo di vedere le cose e la vostra dignità”. Semplici raccomandazioni che, come una carezza, hanno toccato l’animo degli adc. Don Aniello, con schiettezza napoletana, ha detto: “Le difficoltà ci sono state, ci sono e ci saranno, anche perché noi abbiamo perso il mondo dei giovani e bisogna dirlo. Oggi aggregare le persone è molto difficile, però la Chiesa credo sia l’unica agenzia territoriale che ancora può aggregare, perché ha ancora qualcosa da dire”. Don Aniello è stato diretto, non ha fatto giri di parole: dobbiamo prendere atto della reale situazione e non possiamo pretendere che i giovani si avvicinino a noi, se seguiamo sempre le stesse strade. Non è mancato il riferimento alla figura di don Milani a alla scuola di Barbiana, ai quattro verbi di Papa Francesco per il 25esimo. Sui giovani don Aniello ha dato indicazioni precise: vanno messi al centro della Chiesa, “perché, se un giovane si sente al centro delle attenzioni della Chiesa, ci sta. Se tu ti interessi del lavoro, se tu ti interessi dello sport, se tu ti interessi del giovane e delle sue esigenze, te li trovi.” Sembrano parole scontate, ma hanno la necessità di essere ribadite, per essere ascoltate non solo dagli adc del Progetto Policoro, ma dalle nostre intere comunità. Per i giovani bisogna esserci, ci si deve investire del tempo di qualità con loro, un tempo che non può essere contingentato come in un ufficio, ma che può essere il tempo di una pizza, di una vacanza e di una passeggiata. L’evangelizzazione passa da giovane a giovane, da un giovane che fa una proposta ad un altro giovane ed è così che dovremmo animare, abitare, appassionare e accompagnare. Dobbiamo vivere con i giovani la complessità dell’oggi, ascoltandoli attivamente, dialogando con loro. Don Aniello ha ribadito: “Bisogna stare nella storia con amore e condividere tutto della vita delle persone. Così il giovane ti segue con i suoi ritmi, con i suoi problemi e con le sue crisi.”

Don Aniello ha salutato gli adc con un grande incoraggiamento “Camminare insieme e lavorare insieme è una faticaccia, ma non vi scoraggiate, non vi scoraggiate, non vi scoraggiate!!!”.