Non c’è altra via di umanizzazione per il tempo presente e futuro: la forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto corrisponde alla via sovrana per una nuova ecologia umana, sensibile alle mani, alle facce, alle voci e ai corpi nella loro irriducibile singolarità e verità.
Si può riassumere in questa illuminante riflessione la tematica trattata nel VII appuntamento del percorso socio-politico per gli Animatori di Comunità Senior, tenutosi online lunedì, 4 Settembre.
Persone di pace ma non in pace. La tenerezza via della pace è questo il titolo dell’incontro guidato da Isabella Guanzini, filosofa e teologa, dal 2016 professore ordinario di Teologia fondamentale all’università di Linz.
Con i suoi modi diretti ma garbati la Guanzini ci ha aiutato ad affrontare la questione della pace attraverso la categoria della tenerezza. Ci ha messo però in guardia che la tenerezza, quando è autentica, non sopporta facili definizioni: troppo spesso si cade nel sentimentalismo spicciolo ed ingenuo; sembra come se, in un contesto indecifrabile, incerto, narcisista e violento nel quale ci troviamo a vivere, la tenerezza non avesse né luce e né forma. Per questo parlarne è un’impresa ardua e bellissima, come una sorta di invocazione, capace di mettere al mondo, almeno attraverso la parola, qualcosa che fa fatica a nascere.
Per definire in maniera attendibile questo concetto tanto complesso è necessario trovare e comprendere l’elemento di protesta che si nasconde in esso e che questa categoria cerca di tradurre.
La tenerezza contro cosa oppone resistenza all’interno delle dinamiche del nostro tempo?
In primo luogo protesta contro la durezza e la freddezza, condizione psicosociale del nostro tempo scaturita dal dominio dei valori tecno-economici. In questa società ogni essere vivente si focalizza più sulla prestazione che sulla vocazione, sul desiderio; il tempo incalza, si comprime e subisce una sorta di accelerazione: rallentare genera l’ansia di non stare al passo, di perdere terreno per cui ci si muove tra esaurimento ed iperattività; il mondo è poi visto come uno spazio da conoscere, aggredire e dominare. La conseguenza per ciascun uomo è una sorta di impotenza, di passività inquieta e di immobilismo frenetico colmo di malessere che, inevitabilmente, si ripercuote anche nel rapporto con gli altri.
In secondo luogo, si oppone alla stanchezza, sintomo del nostro tempo. Nella società dell’iper-produttività, mentre aumentiamo la nostra efficienza sociale ci trasformiamo in persone risentite e troppo spesso esauste. È una stanchezza priva di ogni tenerezza ed è per questo una condizione solitaria, che agisce separando ed isolando, anche quando non è nostra intenzione, anche quando vorremmo riposarci nell’altro.
Parlare di tenerezza, al contrario, rivoluziona i nostri paradigmi, risveglia la nostra umanità, la curiosità verso l’altro, quella sensibilità profonda che si permette di intercettare il senso generativo delle nostre fragilità.
Nella nostra fragilità condivisa, infatti, abbiamo tutti bisogno di tenerezza, quella tenerezza che abita nei piccoli gesti di cura che hanno la potenza e la grazia di riscattare un’esistenza intera.
Francesca Marra, Salerno – Campagna – Acerno