21 Maggio 2015
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Policoro a Comacchio?

Sabato 21 marzo 2015 si è tenuto al Palazzo Bellini l’ultimo incontro della Scuola di formazione all’impegno sociale e politico, incentrato quest’anno sul tema del “bene comune”. In particolare, il contenuto dell’ottava (ed ultima) lezione è stata una presentazione del Progetto Policoro da parte della segretaria dell’Emilia Romagna di tale progetto Caterina Mingazzini.

 
 
Questo progetto della CEI, nato nel 1995, si proponeva di dare una risposta concreta alla disoccupazione giovanile presente nelle regioni meridionali. L’ufficio nazionale per i Problemi Sociali e il Lavoro, la Pastorale Giovanile nazionale e la Caritas Italiana si sono incontrate nella città di Policoro (da qui il nome), in provincia di Matera e hanno dato il via al progetto nelle Diocesi delle regioni Puglia, Calabria, Basilicata. Nel giro di poco tempo tutte le Diocesi del Mezzogiorno hanno aderito e nel corso di vent’anni esso è arrivato a coinvolgere la maggior parte delle regioni italiane.
 
Essenzialmente questo progetto si fonda sull’idea che il lavoro è alla base della dignità umana; è esso stesso che esalta l’esistenza di ogni essere umano, così come sul fatto che quando una persona è senza lavoro da molto tempo non deve perdere la speranza, gettare la spugna, ma continuare a lottare a testa alta. Esso coniuga le tre parole chiave “Giovani”, “Vangelo” e “Lavoro”, per consentire ai giovani che ne fanno parte di formarsi, evangelizzarsi e portare reciprocamente la speranza ai coetanei.
 
In sostanza, in ogni Diocesi vengono a confrontarsi le varie associazioni, cooperative ed i movimenti del territorio interessati ad un tale progetto, e viene scelto un giovane, chiamato Animatore di Comunità. L’animatore è un giovane che è disponibile a formarsi per tre anni ed a coinvolgere gli altri giovani interessati. In questo progetto si evangelizza il lavoro e la vita formando le coscienze dei giovani, promuovendone rapporti di reciprocità e tramite gesti concreti di solidarietà. Tali gesti concreti sono delle piccole imprese (individuali o cooperative), nate dall’impegno e dalla responsabilità degli stessi giovani che operano nei più svariati settori.
 
La sfida più grande da abbattere per questa tipologia di progetti aperti alla promozione del lavoro giovanile è rappresentato dalla cosiddetta generazione “N.E.E.T.” (Not (engaged) in Education, Employment or Training), che conta solamente in Italia oltre 2 milioni dei nostri giovani. I N.E.E.T. sono giovani che non studiano, né cercano lavoro attivamente, vuoi per la sfiducia che ormai da tempo si nutre per il mercato del lavoro, vuoi per poca voglia di fare o ancora per una scarsa valorizzazione del lavoro, visto come mero mezzo di sostentamento dell’uomo, e non come mezzo per la sua nobilitazione.
 
A Comacchio, in particolare, potrebbe essere interessante un progetto del genere, essendovi molti ragazzi che si formano professionalmente ad esempio all’Istituto Remo Brindisi. Una buona idea potrebbe essere quella, per gli adulti impegnati in lavori manuali (quali possono essere ad esempio il falegname o l’idraulico), di offrire un paio di ore la settimana per formare in vere e proprie “scuole” dei giovani, che così sicuramente avrebbero maggiori possibilità di maturazione professionale. Inoltre, potrebbe essere interessante applicare nel nostro territorio la realtà dei “gesti concreti” da parte dei giovani, che intrattenendo relazioni reciproche fra di essi, possano trarre idee e forza per poter comunque resistere nel mercato senza dover necessariamente andare incontro ad un fallimento.
 
Caterina Mingazzini