10 Aprile 2020
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Seminare speranza

Le conseguenze dell’emergenza sanitaria prendono voce nelle domande che in queste settimane attraversano il cuore di tutti e riguardano un futuro che è già iniziato. La riflessione, curata dall’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro, continua un’opera di discernimento avviata fin dall’inizio della crisi: accanto alla necessità delle misure di sostegno, ribadisce il valore della formazione delle coscienze alla cittadinanza responsabile e partecipativa, la necessità di invertire alcune priorità del Paese, il dovere di assicurare la tutela della salute di tutti, l’urgenza di uno sguardo giusto e inclusivo rispetto ai migranti.

 

  1. Le preoccupazioni

C’è un gran fermento nel tessuto sociale del nostro Paese in questi giorni di blocco totale da Covid-19. Una buona parte è dovuta alle preoccupazioni che la gente avverte sulla propria pelle. I lavoratori e le lavoratrici, il mondo dell’impresa e della cooperazione, la filiera agroalimentare, i settori del commercio e dei trasporti, il comparto turistico e molte altre attività soffrono: sono in pensiero per l’oggi e per il futuro. Il dolore è aggravato nelle famiglie colpite da lutti e da una malattia che mette a dura prova le persone. E’ a rischio la tenuta psicologica, economica e sociale del Paese. Le domande che nascono non riguardano solo i tempi della ripresa. La ricerca della data di apertura è sempre affiancata da altre questioni: avrò ancora il posto di lavoro? Potrò continuare a portare in famiglia uno stipendio? Riuscirò a pagare i mutui della casa o l’affitto? Ce la farò a mantenere i dipendenti in azienda? Come potrò affrontare i debiti contratti per aprire l’attività? Ci sarà un sostegno economico che consenta di tenere in piedi il progetto di una vita? Come fare se ci si trova esposti al fallimento perché non si hanno alle spalle né un patrimonio familiare né protezioni sociali adeguate?

Sono interrogativi laceranti, perché mettono insieme la propria vocazione umana e quella lavorativa, i progetti economici e i sogni ideali, la vita quotidiana e le prospettive in cui uno crede. Sono sofferenze che chiedono ascolto attento e disponibilità pastorale di accompagnamento.

La questione si fa seria. La politica è intervenuta in una pluralità di forme: la cassa integrazione, il sostegno al reddito dei lavoratori in quarantena o contagiati, l’offerta di liquidità alle imprese, la riduzione del rischio contagio per i lavoratori e il supporto alle famiglie che, con la chiusura delle scuole, devono far fronte a carichi di cura inattesi. C’è poi una fascia sociale che rischia di finire nel baratro dell’indigenza perché già ai margini della società. La dimenticanza di sostegno alle attività del terzo settore è un errore che non ci possiamo permettere, sia per i posti di lavoro che sono in gioco, sia per i benefici sociali al servizio della persona che verrebbero meno.

In questo contesto difficile, poi, accanto al dramma di molti che piangono, potrebbero esserci anche persone senza scrupolo disposte ad approfittarne per chiedere risorse o aiuti di cui non necessitano. Ci accorgiamo di quanto sia importante l’onestà: è soprattutto nella difficoltà che in una famiglia si vede la capacità di mettere al centro il bene di tutti, a partire dagli ultimi e dai più fragili. Gli aiuti devono poter andare in due direzioni: verso chi soffre di più e verso quelle realtà che possono garantire meglio il futuro. Nessuna normativa riuscirà a sostituire il valore della formazione delle coscienze alla cittadinanza responsabile e partecipativa.

 

  1. Il dono del discernimento

La comunità cristiana è chiamata in questo momento a riconoscere e ad accompagnare una direzione possibile. Quali sono le scelte più opportune? Quali errori non dobbiamo più commettere? Quali strade intendiamo percorrere perché il lavoro continui ad essere una priorità?

E’ il tempo del discernimento. Qualcosa di nuovo ci attende.

L’emergenza sanitaria ci sta facendo comprendere quanto siano interdipendenti il sistema economico e la salvaguardia della salute. Se in passato la salute era diritto di beneficenza, oggi appartiene al criterio della giustizia sociale. Il Covid-19 è stato in grado di mettere in ginocchio sanità ed economia insieme. Ciò significa che bisogna imparare a ragionare in termini di complessità e di saggia prevenzione. Una forte economia senza un’adeguata sanità pubblica è come un gigante coi piedi di argilla. Rischia di saltare all’aria da un momento all’altro. Per questo, il discernimento riguarda gli investimenti necessari per la ricerca scientifica e per rafforzare tutto il sistema della cura alla persona, declinando i principi di solidarietà e di sussidiarietà con maggior efficacia. Occorrerà modificare gli accessi alle università di medicina o di infermieristica e favorire un’adeguata formazione del personale sanitario. Lo smantellamento della cura diventa un clamoroso autogol nei momenti in cui si manifesta la fragilità o il rischio di epidemie. Se la coperta degli investimenti sanitari è troppo corta, non è utile prendersela con chi ne ha bisogno, ma è più saggio assumere la responsabilità di cucirne i pezzi mancanti. L’interdipendenza che viviamo ci obbliga a non pensare che la prossima emergenza sanitaria possa accadere tra un secolo. Il riscaldamento globale e i fenomeni di inquinamento sono fattori moltiplicativi. Economia ed ecologia devono poter guardare nella stessa direzione. Come insegna la sapienza antica: «Non c’è vento favorevole per un marinaio che non sa dove andare».

 

  1. Tutto è connesso

Appare una profezia l’insegnamento di papa Francesco, quando ricorda che «tutto è connesso» e che «le conoscenze frammentarie e isolate possono diventare una forma d’ignoranza se fanno resistenza a integrarsi in una visione più ampia della realtà» (Laudato si’, 138).

Proprio una visione più ampia della realtà impone di invertire alcune priorità per il Paese. Si devono certo evitare gli sprechi – e a maggior ragione le scandalose speculazioni sul materiale sanitario essenziali e sui dispositivi di protezione individuale, a discapito delle attività ordinarie di cura a domicilio o in strutture – non si possono nemmeno accettare i tagli arbitrari alla sanità, a danno delle classi sociali più deboli.

Le spese in crescita per gli armamenti, gli investimenti massici nel commercio di armi, le somme folli che ruotano intorno al mondo dello spettacolo o a certi sport vanno decisamente riviste. E’ fallimentare pure il modello consumistico: si tratta di ripensare il modo in cui produciamo e di regolare i mercati finanziari perché la salute è un bene di tutti. Una vera alleanza per la vita deve aumentare la capacità di resilienza sociale ed economica. Tra l’altro, il sogno del profeta Isaia (2,4) di trasformare le spade in aratri e le lance in falci può essere aggiornato al servizio delle persone più fragili e più povere. In questi giorni abbiamo visto che ad essere più esposti sono gli anziani: la loro perdita è devastante in termini di storia e di motivazioni. Ci siamo impoveriti della generazione che ha contribuito a realizzare il miracolo economico italiano nel secondo dopoguerra, quella capace di narrare la fatica e la bellezza di rialzarsi e di rimettersi in cammino.

Il discernimento, infine, chiede di ripensare lo sguardo sui migranti. Oggi sono indispensabili perché si prendono cura a domicilio delle nostre famiglie (badanti) e perché sono manodopera a basso costo nella filiera agroalimentare. Senza il loro contributo in questo periodo non avremmo potuto fare alcuni raccolti nelle campagne. E’ davvero contro ogni logica il mantenere in condizioni di emarginazione sociale, di sfruttamento, di illegalità e di privazione dei diritti fondamentali questi fratelli e queste sorelle che abitano i nostri territori e rimangono privi di permesso di soggiorno. Sono anch’essi lavoratori che invocano dignità e riconoscimento.

 

  1. Seminare speranza

La pastorale sociale incoraggia chi prova ad uscire dagli schemi e dalle precomprensioni che abbiamo conosciuto finora. Pensare il domani è possibile a partire da un buon discernimento. Ciò significa seminare speranza. Il teologo Pierangelo Sequeri invita ad allenarci «fin d’ora a guardarci tutti, di nuovo, con occhi che comunicano umanità vulnerabile e prossimità disponibile, al di sopra delle mascherine» (Avvenire, 4 aprile 2020, p.2). Così possiamo abitare la stagione che prepara alla prossima Settimana Sociale di Taranto (4-7 febbraio 2021).

La fede cristiana ha una parola da offrire alla comunità civile: anche questo è un modo per prendersi cura. Un gesto di servizio al presente e al futuro del Paese.

Roma, 7 aprile 2020

La Segreteria Generale della CEI